dalla serata di sabato sera, al prestigioso club razzmatazz.
numero uno: la serata iniziava alle due. ALLE DUE? MA SIAMO SERI? solo per rimanere sveglia fino alle due, a casa, mi sono dovuta fare na tazza di nescafè a mezzanotte e mezza, mentre vedevo repliche di family guy su fox, in attesa degli amici.
arrivano gli amici, verso l’una. sessione di ciupiti rum e pera, importazione milanese, con grandi complimenti degli astanti: il ciupito rumepera è perfetto perché ti ubriachi ma non te ne accorgi.
bum.
ricerca del taxi sotto casa, con panorama di lite di colombiani e fuga di una delle donne.
bum.
razzmatazz.
fila per entrare. noi, e tutti i nostri nipoti del liceo.
poi ci guardiamo, ed è un attimo capire che l’epoca del giubbotto appoggiato chissà dove è finita da un secolo.
dopo avere cercato inutilmente un cameriere che venisse a prendere le nostre giacche per appenderle di là, ci rassegniamo alla fila al guardaroba.
diciassettenni orgogliose della loro pinza per i capelli, con la quale io non esco più di casa nemmeno per andare a fare la spesa; ottimismo in minigonna e calze con scarpe da ginnastica.
seth cohen che limona con una cinese.
di tutte le canzoni della sala, io conoscevo: boys don’t cry, hey ho let’s go, everyday I love you less and less, modern love, stupid girl, born slippy. il resto, never covered.
praticamente il vintage.
momento culminante:
asha: “ma questo è ‘il sentimento oceanico dell’io’?”
neal: “no, è claustrofobia.”
ritorno a casa alle SETTE. (MA SIAMO SERI? ALLE SETTE?) con la prima metropolitana del giorno dopo.
lo stomaco è talmente impegnato nel remake di “v di vendetta” che la sola vista dei cornetti mi fa sentire male.
i miei stivaletti bianchi erano bianchi. once upon a time.
a casa, misteriose forze aliene, ritrovate chissà in quale antro ancora vivo del mio corpo, mi permettono addirittura di farmi la doccia e tutta la routine di pulizia del viso. incredibile cosa riesce a fare la paranoia dei germi.
poi è l’incoscienza, lo sbocco delle undici di mattina, e la sveglia alle due, con la solita cantilena: “ma perché beviamo?”.
segue autoclave per tutti i vestiti indossati la sera prima, divano fino alle dieci e mezza di sera, con zapping compulsivo, finale di stagione tre di six feet under, e un orrendo film con jodie foster in cui sua figlia viene sequestrata nell’aereo da lei progettato.
mah.
ah, è vero. al razz ci eravamo andati per un concerto. di cui non ricordo una mazza, ovviamente. il gruppo credo si chiamasse Yelle. credo.
Speculare alla famigerata serata “Blister in the sun”. Due facce della stessa orrenda medaglia.
Amichetto-sempre-più-estraneo-a-questo-mondo
io sarei andata a dormire alle 19 e mi sarei alzata all’1.30, poi sarei andata fresca come una rosa al concerto.
E, ovviamente, mi sarei addormentata nel privé.
Le vibrazioni dei bassi hanno un effetto-culla fantastico, che consiglio a tutti di provare 🙂
Sun