potrebbe essere l’ultimo post su Lost

cinque anni. cinque, se non sbaglio, perché ho iniziato a vederla sulla Rai, ne parlava tutto il mondo ho detto vabbè, diamo un’occhiata. da lì poi è iniziata tutta la series addiction.

Lost è stato una storia d’amore sbagliata, l’ho già detto. di quelle che sai che andranno a finire male, malissimo, ma non puoi farci niente e ti fai invischiare sempre di più.

battute, magic turtles, sarcasmo sugli sceneggiatori, adorazione, lacrime per des e penny, ben linus cattivo splendido. delusione, puntate riempitive, che palle i coreani, che palle bernard e rose, che palle paulo e quell’altra.

ma libby che fine ha fatto, non ci diranno mai niente, sono dei bastardi, ma perché ha dato la barca a desmond, se credono che possono sbrigarsela con la sorgente di luce sono pazzi, ma uffa, ma perché non fanno morire kate.

la seconda stagione l’abbiamo vista tipo in due sere, all’epoca.

e poi il rewatch. ore e ore investite a imbastire teorie, telefonate che iniziavano invece che con ciao come stai, con ma secondo te vuol dire che…

e i gadget dharma, le tutine dharma, la botola, hugo che scrive the empire strikes back. la telefonata spaziotemporale di des e penny.

la musica triste delle scene strappalacrime, sawyer che alla fine è un tenerone, widmore che è caleb nichols.

le ibridazioni inter-serie, abbadon che in realtà è broyles, hugo che stava nello stesso manicomio di walter bishop, juliet che adesso combatte i V. penny che è sposata con quell’imbecille di joseph fiennes ma secondo gaius baltar dovrebbe essere sposata con quell’altro imbecille di lloyd simcoe, il quale lavora con charlie.

jack che è sempre stato e sempre sarà lo scassapalle supremo. il fumo nero, gli orsi polari, gli squali brandizzati dharma. le zattere, WAAAAALT. il tagliaerbe che ora fa il pilota d’aerei. faceva, ehm. ilana, claire con la faccia da pazza.

e poi la sesta stagione. che dal primo episodio non riesce a coinvolgermi, mi aspetto di saltare in piedi sul divano e invece quasi mi addormento, ogni volta. il dottor linus, adoro. ma non mi quadra, non so perché non sono emozionata. come se non lo stessi vedendo, come se non stesse succedendo davvero.

poi alla fine capisco. sono già nella prima fase del lutto, la negazione.

la seconda fase, la rabbia, penso che arriverà la settimana prossima.

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mamma, mamma, sono sul blog di olivia e marino!

ovvero: l’intervista in cui la signora maria confessa la sua dipendenza da carboidrati e fritti.

d’altra parte che celebrity sei se non hai almeno un paio di addiction.

ci tengo anche a precisare che l’intervista è introdotta dalla seguente definizione: “simpaticissima blogger molto conosciuta fra chi usa social network come Friendfeed”.

casomai qualcuno stesse questionando il mio innegabile status di Celebrity. (anche se la descrizione, per essere davvero accurata, doveva contenere anche la keyword “tendente al sovrappeso”)

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illuminazioni improvvise, capitolo “big G vs. big V”

ho notato un’inquietante similitudine tra “don’t be evil” e “we are at peace. always.”

comincerò a preoccuparmi davvero quando apriranno i primi G Healing Centers.

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illuminazioni improvvise, capitolo “episodio della serie musicale dedicato a Madonna”

“icon.”

“genius.”

“hall of fame MILF.”

(LOL)

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illuminazioni improvvise, capitolo “scarpe bassissime”

le ballerine sono deleterie per le caviglie.

ma sono ancora più deleterie per chi non ha le caviglie.

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a te, che cercavi su google “pigrizia patologica” e hai trovato un link a questo blog.

sei nel posto giusto.

perché quello a cui aspiriamo è un percorso di purificazione e ascetismo che ci avvicini il più possibile al nostro punto di riferimento esistenziale: il motore immobile.

perché la risposta non è il vegetale, ma il minerale. (e anche nel makeup fa miracoli, signora mia!)

perché il divano è il posto più bello dell’universo.

e io sono stanca di sentirmi in colpa per la supposta inferiorità del mio hobby preferito (non fare niente) nei confronti di quelli degli altri (fare, produrre, creare, andare, ascoltare, guardare)

quindi da oggi in poi ho deciso che lo affermerò con orgoglio:

sì, io sono una pigra patologica.

questo post è sponsorizzato dal movimento per l’autoconsapevolezza dei pigri patologici, detto anche Sofa Pride.

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artigli moda giovane

le donne dieci euro, gli uomini quindici

l’acrilico puro in tutte le sue declinazioni scintillanti (da “scintilla”, provocata dallo sfregamento)

le fottute macchine fotografiche digitali – saremo sul facebook di tutta roma sotto i vent’anni, tipo

io che invece la vorrei io una macchina fotografica – una leica – e un taccuino, mentre cito margaret mead e gregory bateson

il vocalist – sì, il vocalist – con dei mini-bengala in mano che urla “la notte più cool di Roma” e “fatemi sentire la voce degli Italiani”

il video promozionale fatto con una versione non registrata del software, come afferma il watermark grigio che scorre in cima al fotogramma, ma sono io che non capisco, non è cialtrone è una genialata situazionista

la mia finta birkin (però di pelle vera, ci tengo a precisarlo) che è decisamente troppo grande per lo spazio vitale medio a disposizione di ogni avventore del locale

i sette anni di differenza tra me e la ragazza con cui chiacchiero, che però mi dà 25 anni, che tenera, sono talmente anziana che sa di essere obbligata ad essere gentile con me

il barista che mi guarda con disprezzo quando gli dico che s’è sbagliato e mi ha dato due consumazioni, quando invece erano una consumazione e un ticket per l’uscita – sa, noi anziani siamo abituati ad avere un biglietto per entrare, non per uscire

“bad romance” a tutto volume in mio onore, è chiaro che è in mio onore, mentre con la giacca mi avvio verso l’uscita, dopo aver decretato che l’osservazione partecipante è bella, sì, ma sicuramente anche margaret avrà avuto bisogno, ogni tanto, di una pausa.

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del perché dovrebbero vietare carte di credito e siti di shopping online

l’immaterialità deresponsabilizza.

e io credo di avere appena comprato una macchina del pane.

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be careful what you wish for

erano mesi che lo desideravo, e sono felice di averlo desiderato abbastanza.

oggi esce il pacchetto Lady Gaga per RockBand su wii.

a questo punto mi aspetto che a breve distanza escano anche:

Rockband Sanremo (tutte le canzoni più famose del Festival per scatenarti coi tuoi amici! duetta su “non amarmi”! apri le braccia su “volare”! fatti tirare addosso i pomodori su “luca era gay”! con RockBand Sanremo tutte le tue serate saranno un Evento Mediatico!)

Rockband Cantasessanta (a.k.a. “Red Ronnie Presenta” – e sarà tutto un grande viaggio in macchina coi tuoi)

Rockband Chiesa (contiene “Symbolum ’77”, “Santo Santo Santo”, “Alleluia” e tanti altri grandi successi! – perché è domenica tutti i giorni!)

sono un genio, dovrebbero assumermi al reparto design nuovi prodotti dell’azienda del signor RockBand.

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così, manco fossimo su tumblr.

Preámbulo a las instrucciones para dar cuerda al reloj

Piensa en esto: cuando te regalan un reloj te regalan un pequeño infierno florido, una cadena de rosas, un calabozo de aire. No te dan solamente el reloj, que los cumplas muy felices y esperamos que te dure porque es de buena marca, suizo con áncora de rubíes; no te regalan solamente ese menudo picapedrero que te atarás a la muñeca y pasearás contigo. Te regalan —no lo saben, lo terrible es que no lo saben—, te regalan un nuevo pedazo frágil y precario de ti mismo, algo que es tuyo pero no es tu cuerpo, que hay que atar a tu cuerpo con su correa como un bracito desesperado colgándose de tu muñeca. Te regalan la necesidad de darle cuerda todos los días, la obligación de darle cuerda para que siga siendo un reloj; te regalan la obsesión de atender a la hora exacta en las vitrinas de las joyerías, en el anuncio por la radio, en el servicio telefónico. Te regalan el miedo de perderlo, de que te lo roben, de que se te caiga al suelo y se rompa. Te regalan su marca, y la seguridad de que es una marca mejor que las otras, te regalan la tendencia de comparar tu reloj con los demás relojes. No te regalan un reloj, tú eres el regalado, a ti te ofrecen para el cumpleaños del reloj.

(Julio Cortázar)

[l’ho scoperto perché era il voice over – ORRORE – di uno spot spagnolo. spot che ha comunque avuto il merito di farmelo conoscere. e ci torno sempre. e il reloj mi torna sempre in mente. ogni volta che ho voglia di scrivere qualcosa sull’ossessione per gli oggetti, sull’accumulo di cose, sulla loro sopravvivenza eterna di fronte alla nostra morte sicura, poi penso a questo e mi dico ma cosa scrivo a fare, se è già stato scritto non meglio ma proprio tipo con parole definitive. questo ragionamento ha valore anche per molte altre cose, infatti non scrivo più da un centinaio d’anni, sono un po’ demotivata.]

poi se qualcuno lo vuole anche sentire, letto con la voce meravigliosa e la erre moscia dell’autore, è qui, dal secondo 45.

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