Era il capodanno 2008 e io prendevo in giro i turisti giapponesi dell’altro tavolo perché fotografavano tutte le portate. Mi sembrava un’attività da imbecilli. E però ero ingenua, perché non mi aspettavo che poi, tutte quelle foto di cibo, la gente avrebbe cominciato a condividerle.
Peggio delle foto di cibo c’è solo chi le parrucca coi filtri di instagram, le hashtagga e poi le posta. Non ce l’ho col cibo, vorrei che fosse chiaro: io il cibo lo amo, lo venero, lo rispetto. E per questo, lo celebro nell’unico modo che secondo me ha un senso, se non si sta facendo uno shooting: mangiandolo.
Se quando ti arriva il cibo nel piatto hai tempo per fotografarlo dall’angolazione migliore, condirlo con filtri e #yummy #omnomnom #gnam #fame forse non vuoi davvero mangiarlo. Questo spiegherebbe perché pesi 50 chili pur postando costantemente foto di torte carine, cupcake carine, pastasciutte carine, zuppe carine, fritture carine. Perché è chiaro che poi quella roba tu la butti, o la vomiti. Ma questo è anche quello che mi fa innervosire: il cibo non è un ornamento, un oggetto di design, una applique della tua personalità (come il tuo animale domestico, o tuo figlio, o la tua metà). Il cibo è una cosa sacra, bella, assoluta. Puoi fare foto belle di cibo, se sei capace, ma non carine. Le foto carine di cibo carino hanno rotto il cazzo. Hanno rotto il cazzo i colori pastello, le formine simpatiche, i desaturati, le composizioni, le immagini che hanno il solo scopo di presentare quanto è carino il prodotto.
Non voglio dire che uno non abbia il diritto di fotografarsi il suo hamburger, io lo faccio alle volte: vi farei salutare il Completissimo, ma la foto è per uso privato e non gli rende giustizia (anche perché ci ho pensato io, a rendergli giustizia).
Ciò che contesto è la categoria del carino applicata al cibo, in particolare al food porn. Mi va bene che il food porn professionale sia plastico, perfetto, pop, poco credibile, anche se irresistibilmente attraente. Ma non posso tollerare che l’amateur cada in mano a questi cretini infiocchettati. Voglio vedere la frittura di pesce, la parmigiana, le patate arrosto. Voglio vedere i sughi, le ganache, i mont blanc. Voglio vedere il cibo vero, e lo voglio vedere tutto. Non mi interessa il rischio terrible food photography, sono disposta a correrlo. Voglio la favola. Voglio sugnare.
Il cibo vero è scomparso come la cartellonistica luminosa di piazza Duomo.
Il cibo vero è anni ottanta.
“Voglio sugnare”: sciapò.
La cartellonistica luminosa ♥