possiamo dirlo forte: E’ PROPRIO L’ANNO DEI JINGLE! (ovvero: amare l’amaro)

(l’ottimismo con cui scrivo – e pubblico!- questi post lungherrimi pieni di inutilità è davvero commovente)

ringrazio Iddio per aver fatto arrivare nei reparti marketing del mondo la rinnovata consapevolezza della potenza lobotomizzante del jingle. fosse per me, mi esprimerei quotidianamente in forma di jingle, probabilmente per invidia verso tutti quelli che possono avere l’opportunità di scriverlo, un bel jingolone.

sono felice di poter cantare sotto la doccia, oltre a “dancing queen” e “amante bandido”, anche “gran soleil” e “1254”. continuate così! jingolizzate tutto e mi farete felice. non vi prometto acquisti, non sono in un periodo economicamente florido, ma fedeltà psicologica, sicuramente.

certo, il jingle moderno non ha lo stesso fascino magnetico di quello anni ’80, né la stessa tamarreria senza confini, figuriamoci poi se può avere la stessa ingenuità, o la stessa fiducia nel futuro, o lo stesso ottimismo.

la pecca dei jingle moderni, a mio modesto parere, è quella di essere un po’ troppo moderni. un po’ troppo raffinati. un po’ troppo poco jingle. il benchmark del jingle per eccellenza, secondo me, è aiazzone: qualunque jingle si presenti in modo anche solo leggermente meno tamarro, non è un vero jingle, non fino in fondo, non del tutto (e, non a caso, i due che ho citato come canzoni sotto la doccia, invece, sono esperimenti di tamarreria jingolistica riusciti benissimo).

ora vorrei fare un’excursus, funzionale alla mia dissertazione, su una particolare categoria merceologica: l’amaro. l’amaro è un liquore che, come tutti sanno, si beve a fine pasto, per sturare, ed è quasi sempre “the trucker’s choice”. io sono una grande estimatrice di questo liquore, ed è praticamente l’unico alcolico sopra i 14 gradi che mi piace bere liscio. il mio amaro preferito è quello locale, sconosciuto, meglio se fatto in casa; avevo collezionato ricette di amaro trovate in rete, ma il riposo in bottiglia per periodi dagli otto mesi in su mi ha scoraggiato moltissimo. tra le marche commerciali, invece, non c’è storia: il braulio, sempre, e comunque. probabilmente, se continuo a non trovarlo nel centro e sud italia, metterò su una società di import export, e ottimizzerò le risorse esportando al nord il chinotto neri, per poi riportarmi al sud il braulio. la mia passione per l’amaro mi ha spesso portato ad essere dileggiata, ed additata come donna poco femminile: ma se un signore si vede dal tatuaggio e dalla ferrari di colore fucsia*, sicuramente una signora non si vede dal liquore che beve. anzi. una donna di mondo deve saper capire quando un liquore ha bisogno di un giusto riposizionamento, perché il suo posto non è là**, in mezzo alle ragnatele del retrobottega del club del calcetto di borgomanero, ma piuttosto davanti agli specchi di uno scaffale di metallo di philip starck, in centro, a new york come a roma.

questo riposizionamento dell’amaro, in realtà, viene perpetrato in pubblicità da eoni. basti pensare allo jaegermaister: in patria (germania) è pubblicizzato con due teste di renne impagliate che parlano tra di loro, qui da noi invece è sempre stato un caposaldo della fighetteria patinata, anche prima di raz degan. non sono molti, gli amari, in italia, appannaggio pubblicitario dei camionisti: forse il brancamenta, a causa del suo abuso di donne in costume (e il jingle anni 80 rimane un grande classico, che oggi solo Il Genio potrebbe rivisitare fedelmente), e l’immarcescibile montenegro, col suo club di amici avventurosi, che secondo me va cercando, ultimamente, il target gay. il fernet branca, invece, con l’aquila, è sempre stato un po’ nietzschiano: al di là del camionista e del fighetto. perché si capisca fino in fondo il peso che questa categoria merceologica ha nell’immaginario collettivo del nostro paese, vorrei ricordare che “la milano da bere” è lo spot dell’amaro ramazzotti. già, un amaro. (il quale poi, negli anni 90, ha cantato in italiano “hedonism” di skin, mica pizza e fichi: “è solo quello cheeeeee/ ramazzottiii ti daaaa”)e vorrei anche ricordare che pochi di noi, alla domanda “cosa vuoi di più dalla vita?”, riescono a non rispondere “un lucano!” senza esplodere urlandolo. insomma, in pubbloicità, l’amaro non solo è sempre stato onnipresente, ma il suo consumo è sempre stato dato per scontato. in realtà, io conosco veramente poca gente che lo beve, e la gente che conosco conosce a sua volta pochissima gente che lo beve, e così via. vorrei quindi che si desse più importanza, al di fuori degli spot, all’amaro. perché l’amaro c’è, lotta ancora, ed è buonissimo, e anche se sotto i baffi pensate tutti che sia grezzissimo, io sono d’accordo con gli spot: non lo è.

se qualcuno ha notato il silenzio, nel breve excursus qui sopra, su una delle marche fondamentali di amaro del nostro paese, ha l’occhio lungo, e ha capito dove voglio andare a parare.

l’amaro averna e il nuovo jingle. l’averna, amaro siciliano non dichiarato tale, figlio di don salvatore averna, è sempre, per me, un ottimo sostituto del braulio. almeno fino alla creazione della succitata società di import-export.

il nuovo spot dell’averna si propone come interpretazione moderna dello storico “gusto pieno della vita” ed infatti ne riprende il momento centrale, l’abbraccio tra il giovine e l’anziano, aggiungendoci dei tocchi di modernità: il cane di infostrada ormai abbandonato, sul ciglio della strada, viene coccolato dal brand manager, come in un voluto riavvicinamento allo spot vintage; la coppia litiga in macchina e lei se ne va ridendo, come a voler abbandonare il cliché della coppia felice da spot; la ragazza sorride mostrando l’apparecchio, per dimostrare che nessuno, nella realtà, può davvero affermare di non aver mai avuto carie in vita sua. infine, lui e lei sorseggiano amaro averna seduti per terra, di fronte al caminetto, e già sappiamo cosa succederà, su quel tappeto, al quinto bicchiere di averna. altro che “questa sera non mangio carne”. ma queste immagini passano totalmente in secondo piano rispetto al JINGLE. il jingle nuovo dell’amaro averna, cantato da enrico ruggeri. ecco, qua, secondo me, s’è persa un’occasione. il testo, è vero, è supremamente anni 80. ma c’è un’intenzione, un accento, un qualcosa, che ci fanno capire che non ci si crede, negli anni 80. non ci si crede, nel jingle. e infatti è incantabile. cioè, non del tutto: le ultime cinque parole sono cantabilissime. e infatti sono le uniche non modificate. se il criterio di giudizio di un jingle è la sua cantabilità, la sua potenzialità lobotomizzante, la sua pervasività melodica, qua non ci siamo. è troppo sobrio. troppo elegante. troppo raffinato. troppo quasi parlato. non posso fare a meno di continuare a cantare “nell’aria stasera/si respira più amore/ e la vita è più vita/ tutti insieme così”.

sono sodisfatta, felice, e contenta che l’averna sia tornato al jingle. ma lo volevo più jingle.

chiudo qui la mia dissertazione, precisando a scanso di equivoci, e visto che i tag funzionano: questa non è un’analisi seria, non uso categorie di pensiero credibili, d’altra parte che credibilità può avere una che canta i jingle sotto la doccia, e soprattutto, sono sotto l’effetto del braulio. pertanto, non date peso alle mie parole.

*cfr. checco zalone, “canzone per cassano”, in “zelig”, autunno 2008.

**cfr. pooh, “il mio posto è là”, in “tanta voglia di lei”, 1971

spot 2008 amaro averna

spot anni 80 amaro averna

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13 Comments

  1. non sono esperto come te, ma mi permetto di avanzare un’ipotesi: averna ha già un jingle potentissimo, cioè, appunto, ilgustopienodellavitaaaaa. sostituirlo non aveva senso, occorreva solo riproporlo e rinnovarlo: ecco qui ruggeri che si arrampica sugli specchi per fare tutta una canzone che evoca e non evoca, fino a sbottare, insieme a tutti gli ascoltatori, nel jingle che tutti ricordano. è un’operazione, giustamente, postmoderna.

    (in realtà non so nemmeno bene cosa ho scritto. io volevo commentare questo post solo per avere una scusa per scrivere:

    1)cosa c’èèè – cosac’ècosac’è – dentro teeee – cosac’èdentrote

    2) io cre-sceròòò sicuroperilmondandròòò

  2. @Zazza: solo tu, in tutta la lombardia, avevi bisogno del gps per arrivare al “brutto anatroccolo”. 🙂 LOL.

    @miic: eh, ma è troppo rinnovato… ha perso il suo status di jingle feticcio! comunque, se ha bisogno di cantare a squarciagola jingle d’annata, l’aspettiamo quando vuole! anzi, se non fossi sicura che è un’idea decisamente troppo avanti per il 2008, le direi che sarebbe pure ora di organizzare delle serate di karaoke dedicate ai jingle 🙂
    ps: ehm… ma cos’è “cosac’èdentroteee”?
    pps: e intanto io stamattina mi son svegliata cantando, giusto per screditarmi ulterioremente come teorica, “dimmi quand’è… che ti sei fermato un po’…” come riesco io, ad autolobotomizzarmi, nessuno…

    comunque, che BEN due persone siano arrivate non dico a leggere, ma anche solo a fare lo scroll della pagina per commentare questo post assurdo, mi commuove tantissimerrissimo. 😀

  3. miic: io del cornetto so solo quella “dentro di meeee in tutti noiiii in tutti vooooiii c’è un cuore di pannaaaaaaaaaaaaaa”… 🙂

    “che donna sei”… stai parlando di questo http://it.youtube.com/watch?v=5gcDJ4QXBRo ??
    ODDIO non lo conoscevo, cioè, forse non me lo ricordavo, ma è un CAPOLAVORO! è quasi meglio del glen grant! cioè, secondo me la comitiva è la stessa 😀 😀 😀
    è ufficiale, i jingol non li scrivono più come una volta. 🙂

  4. ma no miic, non è che sei vecchio. è colpa di mia madre che m’ha tenuto fino a metà delle elementari senza tv. 🙂
    (e questo spiega moltissime cose.)
    lo spot cornetto 82 è bellissimo.

  5. allora:
    innanzitutto questo trattato di sociologia/comunicazione meriterebbe ben altri palcoscenici!
    in secundis, non esiste altro amaro oltre il Braulio;
    infine, averna non si può ascoltare. ma nemmeno guardare con l’audio off. figurarsi messi insieme!

    NB non è un jingle, ma io amo i bambini di “one-two-three” per tim!

  6. @Body, per “altri palcoscenici” intendi il bagaglino, vero? 🙂
    non vorrei trarre conclusioni affrettate, sul braulio, ma credo proprio che me l’abbia fatto conoscere tu. ^_^
    su averna, beh, che ci vuoi fare… confrontarsi coi capolavori anni 80 era impresa ardua. tra l’altro, il telecinema in quanto tale, comincia a diventare esteticamente offensivo. 🙂

    sul quasi jingle di tim, beh, anche se non è un jingle, la sua capacità lobotomizzante è quasi equivalente. 😀

  7. BRAULIO
    è probabile: sono un evangelizzatore
    AVERNA
    l’ho rivisto l’altra sera.. quella volta che vedesti tuo padre (lui che abbraccia il suo vecchio).. quella volta che dissi di no (lui in auto che dice di no alla tipa).. etc. io li vorrei tutti morti: chi l’ha pensato, proposto, girato, scritto, arrangiato e cantato.
    TIM
    superlobotomizzante, altroché!

  8. Appare alquanto drastico il commento di alcuni di voi, anche se posso rispettare il Vostro pensiero mi sento di non condividerlo affatto…
    Il gusto amaro (per la bellezza dei ricordi intendo) degli anni ’80, che traspare da quello che viene erroneamente definito un jingle pubblicitario, è palese dello stile di Enrico Ruggeri del quale non sto qui a prenderne le difese o a renderne omaggio visto che tutti sappiamo a quale artista ci troviamo di fronte…
    Dicevo “erroneamente definito un jingle pubblicitario” in quanto si tratta di un vero e proprio brano musicale (il cui titolo originale è “Incontri”) contenuto nell’ultimo lavoro del RRouge (un triplo CD) in uscita il 30 di questo mese.
    Ripeto, posso rispettare il pensiero di tutti Voi……ma da qui a voler vedere morti chi ha scritto, arrangiato e cantato il brano stesso……

    Un abbraccio a tutti Voi!

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