cara filiale italiana della multinazionale dell’editoria con sede in america,

ti scrivo per dirti che sono rimasta molto male di fronte alle ripetute dimostrazioni, da parte tua, di indifferenza e snobbismo nei miei confronti.

non mi hai MAI fatto arrivare un giornale in tempo. MAI. Vanity Fair, anche dopo telefonate di lamentele, me l’hai sempre fatto arrivare il martedì della settimana dopo. DELLA SETTIMANA DOPO. quando stavo a Milano arrivava sempre di venerdì, ma sai, Roma è lontana, quindi capisco, siamo al sud, le poste a cavallo non vanno più veloci come una volta.

vista l’inutilità delle telefonate per Vanity, ho pensato bene di evitare quelle per Wired, che m’è sempre arrivato a metà o alla fine del mese corrispondente. la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’email “Wired di gennaio esce il 30 dicembre!” e il 30 dicembre infatti io ho ricevuto Wired. di dicembre. ma anche qui, chissà quanto tempo ci vuole per fare arrivare un giornale a una persona che ha speso dei soldi, che sulla fiducia ha comprato due anni di abbonamento.

sulla fiducia, eh, perché dopo i primi due numeri questa persona ha passato il tempo a bestemmiare, ma sono giudizi personali, i gusti sono gusti e magari sono io che ho sbagliato rivista.

certo, cara multinazionale, quando dovevi stalkerarmi telefonicamente per propormi l’abbonamento a Traveller non ti sei fatta scrupoli, e tutto facevi meno che ignorarmi.

e poi c’è la faccenda di Vogue. mi arriva la cartolina a casa, un anno 29 euro compresi i supplementi. dico beh, anche se mi arriva il mese dopo, visto che questi cialtroni non riescono a consegnare gli abbonamenti in tempi cristiani, non importa. è pur sempre la bibbia dello stile, non l’ho praticamente mai letto in vita mia e forse un’occhiatina la merita, le riviste con le cose scritte ultimamente non mi soddisfano, magari una con le figure sì. insomma, compilo la cartolina, la imbuco.

mai ricevuto risposta.

vabbè, Condé Nast Italia, mi pare che qui ci sia poco da interpretare. tu i miei soldi non li vuoi. non c’è problema, anzi, scusa il disturbo, immagino tu abbia di meglio da fare.*

mi accontento di leggere online le versioni originali delle tue pubblicazioni. che tanto, in due casi su tre (sul terzo non so, come dicevo non l’ho mai mai letto) mi sembrano anche meglio di quelle italiane.

*sì, lo so, “la cartolina probabilmente è andata persa”. non è colpa di nessuno. il giusto coronamento di una storia d’amore triste.

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lo sciampo che fa scomparire i 5 segni dei capelli maltrattati

fonte: parasaber.com

e anche le lentiggini.

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recap dell’episodio natalizio

premessa: ho sempre odiato il natale, ma toglietemi le abbuffate, la noia, i palinsesti tv a tema, le luminarie, i parenti che discutono di politica dicendo sempre le stesse cose, le mamme e le zie che portano a tavola l’ottavo vassoio di roba fritta, il sapore di liquore misto frutta secca misto pandoro misto torrone, la sensazione di non poter dimagrire mai più, i negozi chiusi, il cinepanettone come unica alternativa, il consumismo folle, gli avanzi, il caffè alle sette e mezza di sera del venticinque, toglietemi tutto, insomma, e mi intristirò infinitamente. perché la tradizione di natale più radicata è il lamento sul natale, e senza tutte queste cose che ho elencato non ci si può lamentare come si deve, mentre sotto sotto si sa che si sta bene, che si è contenti, che non si vede l’ora di scartare i regali. quando improvvisamente c’è stata una persona, nella mia vita, con cui è diventato bellissimo fare tutto, anche il natale, con tutti i suoi vizi di forma, è diventato bellissimo. e, so che mi pentirò di averlo detto, spero che presto la casa dove festeggiare sia la mia, quella dove riunire tutti. (stacco. venticinque sera di qualche anno dopo. innumerevoli madonne lavando i piatti. aghi di pino in mezzo alle palle di polvere. vabbè.)

mille calorie di sdolcinatezza tanto per cominciare, ora passiamo al reportage fotografico.

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and for bringing the concept of “rodimento di culo” to a whole new level

mark zuckerberg person of the year 2010 - Time

E perché so che, anche dopo questo riconoscimento, non smetterai di rosicare. Sei il mio idolo, Mark.

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Olivia&Marino e maria, ringraziamenti in ritardo

C’è stato un momento della mia vita in cui, alla fine di una giornata devastante, l’unica cosa che riuscivo a pensare era “me lo merito un negroni, adesso”. Poi sono ingrassata ottomila chili, ho lasciato il lavoro, ho cambiato città, mi sono messa a dieta. Ma talmente a dieta che, dopo una giornata devastante, quello che pensavo si era trasformato in “me la merito una pizza, adesso”. E il carboidrato, che fino a qualche anno fa era una cosa che davo per scontata, è diventato merce rara, preziosa, infinitamente più desiderata del cioccolato, che neanche mi piace tanto, in effetti.

Ora, facendo le proporzioni giornata-pizza, quale può essere la scelta migliore per celebrare la fine di un’estate devastante? Una scatola blu gigante PIENA di carboidrati. E’ quella che ho trovato ad aspettarmi a casa, a settembre. Ed è stata una sorpresa graditissima. Il magico scatolone di Olivia & Marino, sto parlando di quello, ovviamente. Quello che conteneva tutta la gamma di prodotti, e un taccuino, e una maglietta. Carboidrati, e per di più trasformati in una quantità di robine sfiziose.

La tentazione di mangiare tutto (compresi taccuino e maglietta) seduta stante è stata forte, ma sono una persona conviviale, oltre che affezionata alla sua taglia 44. Ho risolto una serie di spuntini e aperitivi in modo eccellente, primo fra tutti una degustazione di formaggi e latticini pugliesi che ancora mi ricordo. (grazie, L.!)

Ma scusa, questa cosa è successa a settembre e tu ne parli ora? E’ che sono una persona molto impegnata (falsissimo) e dalla memoria cortissima (vero), però non dimentico mai le gentilezze.

E questa è stata davvero una cosa molto gentile e carina, oltre che divertentissima, per una curiosa e fissata coi supermercati come me. Perciò vorrei ringraziare tanto Olivia & Marino, e anche Alessio Baù.

ps: lo scatolone blu, anche privato del suo contenuto, ha un’utilità. A parte quella di scatolone in quanto tale, è ottimo come tavolino per tenere il pc accanto alla ps3 quando selezioni brani musicali per suonarli via wifi.

pps: ho un unico appunto da fare. è colpa loro se passare davanti allo scaffale di grissini&co. ignorandolo è diventato un po’ più difficile. mannaggia a voi!

Referenze bibliografiche per appassionati di carboidrati, sfizi e itinerari gastronomici: il blog.

Disclaimer: sì, questo post non l’avrei scritto se non fossi stata sommersa da prodotti panificati. Ma la cosa funziona così, no? 🙂

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la locandina dell’ultimo film di Allen

Digestivo Antonetto meets Mad Men.

Ciò dovrebbe dirla lunga sulle aspettative di Pesantezza del lungometraggio in questione.

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that’s sweet and gross at the same time

“I’m sorry, Steve, I’m an asshole.”
“Yeah, you are, but you’re my asshole.”

[Sex and The City, 6×15]

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cari signori del Cern, arrivate tardissimo

Non c’era bisogno di produrla, l’antimateria. Bastava venire qui a casa mia e guardare sotto al letto, in mezzo alle scatole salvaspazio.

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Sul sentimento che muove il mondo

Il rodimento di culo è la rabbia degli sfigati, di quelli che somatizzano e si ricoprono di bolle, che portano rancore, che non dimenticano niente, neanche lo stronzo che dall’alto della sua maglietta firmata “Merit” vent’anni prima li ha presi in giro per le loro scarpe del mercatino false “Superga”.

Io lo conosco bene il rodimento di culo, un po’ perché sono donna (e come dice Marge Simpson “possiamo portare rancore per il resto della nostra vita”) e un po’ perché vent’anni fa ero una di quelli che il resto della classe prendeva in giro. E sono certa che se dovessi incontrare la stronza della maglietta “Merit” balbetterei, non saprei cosa dire, scapperei via imbarazzata, anche dopo vent’anni di esprit de l’escalier immaginati, anche con delle Louboutin ai piedi, anche con qualche miliardo nel conto in banca. Mentre ovviamente lei non ricorderebbe niente, forse neanche di avermi massacrato di prese per il culo.

Per questo il Re del rodimento di culo, nel film che parla di lui, mi ha fatto tanta tenerezza: uno che pur essendo diventato miliardario ha continuato ad essere solo uno sfigato col rodimento di culo.

E il giorno dopo, su Facebook, gli ho chiesto l’amicizia. Ma non si poteva, perché ormai è personaggio pubblico, e mi sono accontentata di manifestargli tutta la mia solidarietà cliccando su “mi piace”.

Non importa che Facebook per me sia il male, l’Italia dell’internet. Ti voglio bene, Mark, te ne voglio tanto.

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è impossibile semplificare l’esistenza di una persona pigra.

Non c’è internet o aggeggio che tenga. Se sei pigro, la tecnologia serve solo a scoprire nuovi impensabili livelli di pesaculismo.

Potrei raccontare di quando dovevo stampare una cosa. Bastava andare nella stanza accanto, collegare la stampante e premere “stampa”, ma no. Propongo al tizio di inviargli il file via mail, lui dice che non ha la stampante, “passami il file su una chiavetta USB”. E improvvisamente stampare m’è parso molto più desiderabile che prendere la chiavetta usb, collegarla al computer, passare il file, scollegarla, scendere una rampa di scale con la chiavetta in mano.

Oppure potrei raccontare della gioia quando ho saputo che Xmarks sta per morire: così non devo organizzarmi i segnalibri. E delle madonne quando ho saputo che invece Xmarks non morirà.

Sono certa che se avessi una lavastoviglie, invece di lamentarmi di quanto mi pesa il culo a fare i piatti, passerei il tempo a maledire i bottoni da premere, i lavaggi da avviare, le stoviglie da caricare e scaricare. E se ci fosse qualcuno che lo fa al posto mio, il problema sarebbe impartire gli ordini. E se non avesse bisogno di ordini impartiti…

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