alla signora

volevo fare gli auguri alla signora che quando il laccetto del canovaccio si rompe lo ripara ricucendolo come se fosse la cosa più importante dell’universo. alla signora che quando a ventidue anni me ne sono andata a Milano mi ha detto “non portarti questo copriletto, c’è una macchia (era una macchia microscopica) portati quell’altro”. alla signora che mi ha regalato il mio primo bellissimo filo di perle, io che ho passato tutta la post-adolescenza pensando che non esistessero altre calzature a parte gli anfibi, e sbeffeggiando il filo di perle con frasi come “non mi avrete mai”. alla signora che mi risponde al telefono anche se non la chiamo da giorni, quando ho bisogno di sapere come si fa la pasta con le sarde. alla signora che mi chiama quasi una volta al giorno per sapere come sto, e io non riesco a capire che bisogno ci sia di sapere come sto oggi visto che già sa come stavo ieri, e le rispondo male, e non mi manda mai a quel paese, mentre me lo meriterei abbestia. alla signora che due giorni prima che vada a trovarla mi chiama per sapere cosa voglio mangiare. alla signora che, dopo che gliel’ho detto, corre a prepararmi le polpette col sugo. alla signora che da piccola mi diceva “fai come vuoi” e io andavo in crisi. alla signora che, da più grande, mi diceva “so che andrai benissimo” e io andavo ancora più in crisi. alla signora che, a me che ho 31 anni e che dovrei essere una donna fatta e finita, chiede “ti serve qualcosa?” alla signora i cui abbracci in genere evito, perché non so perché, ma sono così schiva. alla signora che ho passato la vita a criticare. alla signora che alla mia età già aveva fatto carriera e manteneva metà della sua famiglia d’origine. alla signora con le borse più belle del mondo. alla signora col mio stesso numero di scarpe e quei bellissimi stivali anni ’70 di suede che ancora sono bellissimi. alla signora che trent’anni fa sgambettava per Roma col tacco 11, mentre la figlia all’età sua si porta le ballerine in borsa e dopo un quarto d’ora già soffre. alla signora che viene a Roma per vedersi il centro serena. alla signora che mi ha insegnato i gioielli, le pietre, guardando il centro serena. alla signora che sa i mobili in francese. alla signora che legge Bravacasa, Casaviva e Casafacile. alla signora che non leggerà mai questo post, perché la figlia è fatta com’è fatta, e non glielo farà leggere mai.

auguri, mamma.

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12 Comments

  1. Anche la mia mamma mi ha trasmesso l’amore per i gioielli e le pietre (tutti quelli che ho li ha disegnati lei) e anche lei ha una bellissima collezione di borse.
    E anche lei mi chiama ogni giorno per sapere come sto. E leggere che anche tu, come me, le rispondi scocciata mi fa sentire meno colpevole! Un abbraccio dal mare
    Alle

  2. @Valle: la chiamata quotidiana è parte dello statuto ontologico mammesco, così come la lamentela di quello figliesco. senso di colpa comune, mezzo gaudio 🙂 e che belli i gioielli disegnati dalla mamma! complimenti!

    @bacomarta: grazie, davvero davvero. :*

  3. fantastico.
    in tre quarti delle cose mia mamma non è così – e un po’ t’invidio la tua – ma è lo stesso un post fantastico

    Elenie

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